Le limitazioni per gli operatori stranieri di e-commerce in base alla politica indiana in materia di investimenti

L’India, con oltre 475 milioni di internauti, è il secondo Paese al mondo per numero di utenti connessi al web, dietro solo alla Cina. Ed invero, il Paese ha visto un rapidissimo sviluppo della connettività internet e del mercato degli smartphone in tutto il territorio, con particolare riguardo alle città di seconda e terza fascia. Ciò ha portato anche allo sviluppo del settore dell’e-commerce, che – in base ad un’analisi condotta da PwC – si stima possa raggiungere un valore economico complessivo di 100 miliardi di dollari USA nel 2022.

Sebbene questa fortissima espansione abbia attratto le mire degli investitori, il settore dell’e-commerce è stato sottoposto a importanti restrizioni per quanto riguarda gli investimenti esteri come conseguenza delle proteste sollevate dai commercianti e rivenditori indiani contro le pratiche commerciali aggressive di colossi come Amazon e Flipkart (posseduto da Walmart).

Il Ministero Indiano del Commercio e dell’Industria ha infatti emanato la Revisione della politica in materia di investimenti esteri diretti nell’e-commerce, in vigore dal Febbraio 2019, che distingue tra (A) il modello di e-commerce “inventory-based”, non consentito agli investitori stranieri, dove l’inventario (per tale intendendosi i beni oggetto di compravendita) è di proprietà della società di e-commerce ed è da questa venuto direttamente ai consumatori; e (B)  il modello di e-commerce “marketplace”, dove la società di e-commerce si limita a fornire una piattaforma telematica che facilita la contrattazione tra venditori e acquirenti.

Ciò vale a dire che, in base alla normativa in materia di IDE, le società di e-commerce straniere non possono vendere direttamente beni ai consumatori, ma solo fornire un marketplace sotto forma di un portale online che facilita l’incontro tra venditori e compratori.

Inoltre, le società di e-commerce che forniscono un marketplace non possono essere titolari di diritti sull’inventario o avere comunque il controllo di esso. L’inventario di un determinato venditore si presume controllato da una piattaforma di e-commerce (es. Amazon) se più del 25% delle vendite concluse dallo stesso venditore deriva dalla piattaforma (o da società appartenenti al gruppo di quest’ultima).

L’effetto pratico di questa limitazione è che le società di e-commerce non potranno più stipulare accordi di vendita in esclusiva con determinati venditori, e dunque offrire forti sconti ai consumatori sulla base di questi accordi. Come riferito dal sig. Satish Meena, forecast analyst presso la società di ricerca Forrester, queste limitazioni “avranno un significativo impatto a breve termine sulla disponibilità di prodotti su queste piattaforme, dal momento che i venditori collocano circa il 45-50 (percento) delle proprie vendite su queste piattaforme”.

Le nuove regole sono generalmente considerate come una mossa di stampo populista del Primo Ministro Modi per tutelare milioni di piccoli commercianti contro questi i giganti globali di e-commerce.

Ad ogni modo, Amazon e Walmart non sono certamente pronte a rinunciare ad un mercato che si prospetta possa quintuplicare in meno di un decennio. Ed invero, contrariamente alle aspettative, sembrerebbero che i grandi dell’e-commerce internazionale abbiano trovato un modo per far fronte alle nuove restrizioni volte a consentire un’adeguata tutela per i venditori locali.

Un recente rapporto di Counterpoint Research evidenzia, per esempio, che le vendite di smartphone attraverso canali online in India hanno raggiunto il livello record del 43% del tale nel primo trimestre 2019, e Amazon nello stesso periodo ha registrato un’impressionante crescita del 38% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso.

Per quanto riguarda Walmart, si rileva che le vendite generate a livello internazionale hanno registrato un calo del 2,8% in moneta costante (ossia una moneta convenzionale che elimina le oscillazioni delle valute), dovuto principalmente al calo delle vendite in India di Flipkart. Ad ogni modo l’A.D. e Presidente di Walmart, Doung McMillion, ha dichiarato che “in India, rimaniamo ottimisti sulle opportunità per l’e-commerce offerte dalle dimensioni del mercato, dalla bassa penetrazione dell’e-commerce e il canale di rivendita, e i ritmi a cui sta crescendo (…) nel futuro, confidiamo di lavorare con il governo per politiche pro-crescita che possano consentire a questa industria nascente e ai produttori, coltivatori e fornitori locali di beneficarne e prosperare”.

Ad ogni modo, servirà più tempo per capire meglio l’impatto complessivo della nuova politica sia per gli investitori stranieri che per i consumatori indiani.

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