La nuova normativa italiana sul finanziamento collettivo delle imprese (Equity Crowdfunding)

Il crowdfunding (finanziamento collettivo) è un processo collaborativo con il quale un gruppo di soggetti conferisce il proprio denaro per sostenere e finanziare progetti imprenditoriali o iniziative di qualsiasi genere. L’incontro e la collaborazione dei soggetti coinvolti nei progetti di crowdfunding è resa possibile grazie al web: sono infatti disponibili portali online che facilitano l’incontro tra domanda ed offerta di finanziamenti. Quando, tramite l’investimento on-line, si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società, si parla di equity crowdfunding. In tal caso, la “ricompensa” per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali ed amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa.

Dal punto di vista delle società, il vantaggio è quello di poter reperire capitale di rischio sul web, aprendosi ad un sistema di finanziamento innovativo, dove l’esito della raccolta dipende sostanzialmente dalla qualità del proprio business plan. Il sistema, quindi, costituisce un’ottima soluzione per le PMI che non riescono ad ottenere credito dal sistema bancario, e si pone come valida alternativa al mercato – carente – dei venture capitalists in Italia. L’Italia è stata il primo Paese in Europa e tra i primi al mondo a disciplinare il fenomeno con una specifica normativa. Il regolamento della CONSOB del 2013 già prevedeva la possibilità, previa autorizzazione dello stesso organo di vigilanza, di gestire piattaforme di Equity Crowdfunding sul web. Tuttavia, la possibilità di beneficiare di questa innovativa forma di finanziamento era inizialmente appannaggio esclusivo delle cd. “start-up innovative”. Con DL 50/2017 ed il nuovo Regolamento CONSOB entrato in vigore a gennaio 2018, è stato invece previsto che le quote di partecipazione in Pmi-Srl possano costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, in deroga all’art. 2468 del Codice Civile, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali.

Nel dettaglio, possono reperire capitali sulle piattaforme di equity crowdfunding:

1)      le “microimprese” con meno di 10 dipendenti e un fatturato (oppure un totale di bilancio) inferiore a 2 milioni di euro;

2)      le piccole imprese con meno di 50 dipendenti e un fatturato (oppure un totale di bilancio) inferiore a 10 milioni di euro;

3)      le medie imprese con meno di 250 dipendenti e un fatturato non superiore a 50 milioni (oppure un totale di bilancio non superiore a 43 milioni di euro).

I gestori dei portali di E.C. sono tenuti a rispettare stringenti requisiti di onorabilità e professionalità e devono iscriversi presso un apposito elenco gestito e supervisionato dalla CONSOB. I portali, inoltre, dovranno rendere chiaramente visibili al pubblico i servizi offerti, le garanzie e le regole di trasparenza secondo la normativa nazionale.

È prevista anche una maggior tutela per gli investitori, grazie all’obbligo, in capo ai gestori dei portali per la raccolta di capitali online, di aderire a sistemi di indennizzo. In alternativa, i gestori potranno stipulare una polizza assicurativa per responsabilità professionale per danni derivanti al cliente dalla loro attività, che copra – per ciascun indennizzo – almeno 20mila euro e, per il totale degli eventuali indennizzi richiesti, la cifra di un milione di euro all’anno.

Per ulteriori informazioni sulla nuova disciplina dell’equity crowfunding in Italia, non esistate a contattarci all’indirizzo info@dandreapartners.com

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