I Paesi membri UE colgono le opportunita’ nascenti dalla Brexit

Ancora incertezze sull’uscita della Gran Bretagna dall’UE

 

Prima del referendum di giugno 2016, il Regno Unito era una delle economie del G7 a crescita più rapida. Alla fine del 2018, era la più lenta. La Gran Bretagna, quinta economia mondiale, si prepara a lasciare l’UE il 29 marzo dopo 45 anni.

Secondo la Banca d’Inghilterra, la Gran Bretagna quest’anno affronterà più debole la crescita economica degli ultimi 10 anni, mentre l’incertezza sui termini della Brexit cresce e l’economia globale rallenta, ma i tassi di interesse aumenteranno se si concluderà l’accordo di separazione. La BCE ha rivisto la sua previsione di crescita economica del 2019 riducendola all’1,2% da un precedente 1,7%.

La Banca d’Inghilterra prevede un calo degli investimenti delle imprese e dell’edilizia residenziale, oltre al dimezzamento del tasso di crescita delle esportazioni. A subirne maggiormente sono stati gli investimenti nel settore automobilistico e dei prodotti in acciaio. I sondaggi mostrano che i consumatori e le imprese sono più preoccupati per le prospettive economiche a causa dell’incertezza sui futuri scambi con l’Unione europea.

I prezzi degli immobili, un indicatore chiave della fiducia dei consumatori, a gennaio sono cresciuti appena dello 0,1%, in termini annuali. Il mercato immobiliare britannico ha iniziato a rallentare fin dal referendum sulla Brexit nel giugno 2016, quando i prezzi delle abitazioni stimati a livello nazionale aumentavano circa del 5% l’anno.

Ciononostante, la Brexit presenta opportunità di crescita per le PMI. Alcune società si stanno stabilendo negli altri 27 paesi dell’UE, rendendo più facile per loro entrare in nuovi mercati e accedere a nuovi pool di talenti. Paesi come l’Irlanda, la Francia, la Germania, il Belgio e il Lussemburgo stanno attivamente cercando opportunità per sfruttare la Brexit. Il governo olandese afferma di aver già guadagnato 1.900 posti di lavoro dalla Gran Bretagna.

Il numero delle società emigranti crescerà. Le banche e altri fornitori di servizi finanziari sono obbligati ad avere sede in uno stato membro se vogliono operare nel mercato europeo, mentre le emittenti che trasmettono attraverso l’UE, ai sensi dei regolamenti, devono avere una licenza in uno stato membro. I governi dei membri dell’UE sono in trattative con oltre 250 società per lo spostamento delle loro operazioni dal Regno Unito alla terraferma prima della Brexit.

Per quanto riguarda il BelPaese, gli investimenti diretti esteri potenziali extra potrebbero generare un aumento del Pil di 5,9 miliardi annui, ovvero lo 0,4 %. Tuttavia, Le opportunità legate ad una riallocazione degli investimenti diretti esteri, trovano però l’Italia impreparata a coglierle per ragioni di ordine strutturale e istituzionale. Inoltre, l’Italia è meno competitiva nel settore dei servizi finanziari rispetto ad altri paesi in Europa, che godono anche di una posizione geografica maggiormente strategica.

Vale la pena ricordare che il Regno Unito copre oltre il 5% dell’export italiano nel mondo e circa il 40% delle esportazioni sono concentrate nella meccanica strumentale, mezzi di trasporto e agroalimentare. Gli effetti su questi settori sarebbero dunque proporzionalmente più rilevanti che in altri, tanto più se la Brexit avvenisse senza un accordo finale.

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